2050: mobilità a impatto zero

Corriere Buone Notizie / di Fabio Savelli

«Le profezie avveranti – dice Renato Mazzoncini – sono quelle demografiche». Le aspettative di crescita della popolazione mondiale risultano sempre essere rispettate, verificando puntualmente le previsioni a decenni di distanza. Per ragionare sulla mobilità del futuro conviene partire da qui. Da quanti siamo ora: poco meno di 8 miliardi. A quanti saremo tra trent’anni, nel 2050: 9,5 miliardi di persone. Un differenziale di oltre un miliardo e mezzo, sostanzialmente trainato dal continente africano. Nel 2050 gran parte della popolazione globale vivrà in città. Complice il trionfo dell’economia dei servizi «ogni giorno 200mila persone nel mondo lasciano le campagne».

È impensabile immaginare un’inversione, nonostante l’era di Internet teoricamente avrebbe dovuto cancellare le distanze perché consente la trasmissione dei dati più che incentivare la mobilità dei flussi. Non è avvenuto. Invece stiamo entrando nell’epoca delle megacity, megalopoli di 20-30 milioni di persone. In cui sarà determinante, per renderle vivibili e sostenibili, costruire un sistema integrato di treni ad alta velocità e reti metropolitane. Sviluppando l’ultimo miglio, fino a casa, con bici, scooter e monopattini elettrici in condivisione grazie all’effetto della sharing economy che archivia il concetto di proprietà. L’obiettivo possibile Nel 2050 Mazzoncini ritiene sia possibile raggiungere un obiettivo che, al momento, sembra utopia: zero per cento di emissioni di anidride carbonica nella mobilità, ora responsabile di un quarto della quota di Co2 nel mondo. La spinta maggiore arriva dall’elettrico. Dovremo costruire 240 gigafactory (stile Tesla in Nevada) per la produzione di batterie, al costo di due miliardi l’una, capaci di coprire la domanda globale di 80 milioni di veicoli all’anno. Archivieremmo il motore a scoppio azzerando le emissioni.

Per farlo, spiega l’ex amministratore delegato di Ferrovie dello Stato e docente al Politecnico di Milano, a capo di una sessione di Cop25 a Madrid, dobbiamo partire da un presupposto che ora frena la transizione energetica per questioni geopolitiche. La Cina ha in concessione gran parte dei giacimenti di nickel e cobalto necessari per la realizzazione delle batterie. Ha colonizzato il Congo, strappando contratti decennali di sfruttamento per la produzione di litio anche in Sud America. Ora controlla il 90 per cento delle materie prime necessarie per lo choc dell’elettrico. La ricerca Usa ed europea sta investendo per dis-intermediare il vantaggio cinese. Ibm sta lavorando su una batteria che farebbe a meno del Cobalto. Verrebbe sostituito da materie prime ricavate dall’acqua di mare. Trovando un elemento di sostituzione il mondo andrà verso l’elettrico nell’automotive, nell’elettrificazione di strade e ferrovie (accantonando anche per i convogli i motori a diesel). Andrà verso l’idrogeno nell’alimentazione di navi e traghetti.

Svilupperà impianti industriali e edifici con fonti rinnovabili comportando la decarbonizzazione dell’economia. La mobilità risultante sarà a impatto zero se poi saremo in grado di potenziare gli investimenti infrastrutturali nella costruzione di reti ad alta velocità e metropolitane. Un esempio illuminante è la città di Riad. Sei linee in pochi anni. Investimenti da capogiro trainati dai petrodollari. Un esempio su larga scala è la Cina: ha costruito 25mila chilometri di linee ad alta velocità rivoluzionando le economie di scala globali nella produzione di materiale rotabile. L’Italia, rileva Mazzoncini, avrebbe due straordinari vantaggi competitivi. Il primo tecnologico. La sofisticazione nell’offerta di competenze nel settore la converte in un benchmark globale. Il secondo geografico. Siamo una potenziale piattaforma logistica per l’Africa che necessita di investimenti infrastrutturali su tutti i segmenti: strade, ferrovie, porti, aeroporti, linee elettriche. «Converrebbe che andassimo noi lì, portando maestranze e tecnologie, più che intimorirci per i flussi migratori che impattano sulle nostre coste», suggerisce Mazzoncini. Una prospettiva rovesciata che dovremo saper cogliere.

Se solo concepissimo l’effetto moltiplicatore degli investimenti sull’economia dei flussi. L’Italia viaggia ormai a due velocità, come ha rivelato un recente rapporto di Legambiente. L’innovazione e la creazione di opportunità che sperimenta chi vive in città tagliate dall’alta velocità risulta frustrante per chi, soprattutto al Sud, è appeso ai tempi di percorrenza di fine Novecento. Pur non annoverando megacity globali, come quelle asiatiche, l’Italia avrebbe tutte le potenzialità per investire su una rete domestica di pendolini a lungo raggio permettendo di azzerare la quota di trasferimenti con l’aereo, molto più inquinante. Qui Mazzoncini insiste: «Dovremo limitare gli spostamenti soltanto ai viaggi intercontinentali con velivoli alimentati con bio-fuel in modo da ridurre le emissioni, se l’alta velocità decollasse un po’ ovunque». Incoraggiando anche il modello Hyperloop, un sistema a capsule che teoricamente permetterebbe, ma le sperimentazioni sono in corso, di raggiungere 1.200 chilometri orari.

Tramite enormi tunnel dove spingere dei vagoni galleggianti all’interno di un cuscino d’aria compressa. Se ciò avvenisse la mobilità ne uscirebbe rivoluzionata. L’Italia ha un modello diffuso di città medio-piccole di derivazione medievale. Sarebbero connesse dall’alta velocità. Una volta arrivati in stazione servirà investire sulla sharing economy che sta raggiungendo progressivamente una capacità critica di mercato tale da ridurre i prezzi del consumo on demand. Monopattini o no Ma Mazzoncini insiste sulla necessità di un forte cambiamento regolatorio. Con una diversa valutazione del concetto di rischio che al momento penalizza gli utenti nel rapporto con le compagnie assicurative. Se i regolamenti bloccano ancora l’uso diffuso dei monopattini è perché non è ancora chiaro come attribuire la responsabilità civile in caso di incidenti.

La ricetta potremmo definirla «olistica». Perché le assicurazioni non ragionano ancora in termini omni-comprensivi? Considerando che il nostro smartphone ci geolocalizza costantemente non dovrebbe essere complicato costruire polizze a copertura dei rischi comprensive di tutte le modalità di spostamento che utilizziamo durante la giornata. Il gps già oggi ci dice se stiamo usando un monopattino, una bici, uno scooter, un’automobile e su quali distanze. Una volta costruita un’offerta diversa potremmo persino accogliere l’altra rivoluzione in arrivo: l’auto senza conducente. Il mondo nel 2050.

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