Gazzetta di Parma / di Katia Golini
«La transizione ecologica non è un pranzo di gala» dice il ministro Roberto Cingolani. Tanti i fattori sul tavolo, infinite le variabili di cui tenere conto, ma una cosa è certa: siamo dentro una trasformazione globale che va guidata e gestita. Guai a restare inerti. Cambiare si deve, tutti insieme, per motivi economici e, soprattutto per il bene del pianeta e delle future generazioni: «Sarà già tanto se nel prossimo futuro riusciremo a garantire che la situazione non peggiori», questo l’impegno nel breve termine. Il Paese che vogliamo dipende dal suo ministero, quello della Transizione ecologica, appunto. Cingolani, ospite all’auditorium Carlo Gabbi, del Green Village di Crédit Agricole, in occasione della Green Week, parla con lucida concretezza fotografando la situazione attuale e gli obiettivi da raggiungere nel breve e nel lungo periodo. Parte dal tema della produzione di energia e della riduzione di anidride carbonica: «Dobbiamo abbattere le emissioni di Co2 entro il 2030 ossia dobbiamo far sì che il 75% della nostra energia sia prodotta da fonti rinnovabili. Faremo installare impianti fotovoltaici e eolici equivalenti a circa 70 miliardi di watt. Questo vuol dire che nei prossimi due anni dovremo installare impianti per 8 miliardi di watt di potenza annui. Parliamo di aumentare di 10 volte da adesso la nostra capacità di installare impianti. Per questo non basta avere la visione e il progetto, ma va snellita la procedura burocratica, cosa che stiamo facendo con il decreto semplificazioni, e va avviato un lavoro stretta sinergia con gli altri ministeri, altrimenti non solo non raggiungeremo l’obiettivo, ma non prenderemo nemmeno i fondi dell’Europa»
Viene da sé l’introduzione di un altro argomento al centro del dibattito: la necessità di lavorare secondo un progetto che deve essere globale per essere efficace. «L’Italia produce l’1% di anidride carbonica mondiale, l’Europa il 9% circa – spiega il ministro -. Se anche l’Europa fa la sua parte, ma il resto del mondo va per conto proprio, gli effetti non porteranno lontano. Per affrontare queste grandi sfide servono visione, investimenti, consapevolezza dei problemi e una politica mondiale». Senza retorica Cingolani affronta un altro fondamentale pilastro della questione: l’incremento demografico. «Siamo 8 miliardi di persone su questo pianeta, “progettato” per ospitarne 3 milialdi, che hanno bisogno di cibo, acqua, energia. Inoltre ci sono Paesi in cui per avere a casa un secchio d’acqua si deve camminare mezz’ora, altri in cui la rete idrica priva di manutenzione disperde percentuali altissime di acqua. Lo stesso discorso vale per i cibo e per l’energia». Sempre supportato da dati, numeri e percentuali, il discorso del ministro, calato nella vita di tutti i giorni, spazia dalla produzioni agroalimentari alle auto elettriche: «Concentriamoci sulla mobilità. Pensate che chi ancora utilizza un’auto Eurozero lo faccia perché è contento di inquinare? Più probabile che sia perché non può permettersi un’auto più costosa. Fatta questa precisazione, facciamo un’ipotesi: il governo decide di regalare auto elettriche a tutti i cittadini. Ebbene, non avremmo sufficienti colonnine e soprattutto avremmo bisogno di energia che non siamo ancora in grado di produrre con fonti rinnovabili». Così il ministro, con un esempio pratico e semplice, spiega la complessità della transizione ecologica: «Diffidiamo dalle soluzioni facili, il quadro è complesso. La transizione ecologica deve esserci ma deve essere giusta, ossia non deve lasciare indietro nessuno. Una transizione che tiene conto delle persone e del lavoro. L’idea stessa di transizione prevede un periodo di convivenza di vecchio e nuovo».
Di Katia Golini