Il Giornale di Vicenza / di Cinzia Zuccon
Non c’è alternativa alla sostenibilità della concia. Normative ambientali sempre più stringenti, cittadini sempre più attenti, ma soprattutto clienti internazionali delle concerie – nella moda, automotive, arredo casa – che pretendono standard elevatissimi di sostenibilità: le concerie che non si adeguano vanno fuori dal mercato.
La “Green Week” organizzata da Italy Post e Fondazione Symbola fa tappa oggi ad Arzignano con la 2a edizione di Arzignano Green Land, itinerario promosso con Unic-Unione Concerie Italiane, per raccontare in un viaggio in 5 tappe a un centinaio di ricercatori da tutta Italia l’evoluzione del più grande distretto conciario europeo in ottica “economia circolare”.
RACCONTARE IL CAMBIAMENTO. Impianti e processi sempre più evoluti, investimenti in ricerca, certificazioni e formazione – anche con l’istituzione dell’Its per “Green Leather Manager” – progetti come Giada per la gestione integrata dell’ambiente e GreenLife hanno cambiato l’industria della concia come la conoscevamo: diffondere questo sforzo per la sostenibilità però è fondamentale. «Il settore ha fatto passi da gigante – sottolineano Gabriele e Barbara Boschetti di “Concerie Laba”, 83 addetti -. Essere sostenibili costa, ma senza non c’è mercato; la nostra azienda con fotovoltaico e cogenerazione è autosufficiente per l’energia, e abbiamo investito molte risorse per certificare la salute e la sicurezza sul lavoro, la qualità, la gestione ambientale approdando anche alla certificazione etica». «L’industria conciaria di Arzignano dal punto di vista ambientale è ad altissimi livelli – rimarca Giancarlo Dani dell’omonima conceria con 700 addetti -. Oggi si va verso la certificazione anche del benessere animale nell’intero ciclo di vita. Dobbiamo continuare a migliorare facendo da apripista per aziende più piccole, diffondendo il messaggio che la sostenibilità a tutti i livelli è un’opportunità per competere».
IL RUOLO DELLE SOCIETÀ PUBBLICHE. Sono 450 le aziende che lavorano pelli nella zona, e 170 producono reflui: sono tenute al rispetto di normative severe, ma non tutte hanno le capacità di investimenti delle grandi concerie. Il ruolo pubblico è fondamentale per l’ambiente fin dalla fine degli anni ’70, quando è stato centralizzato il trattamento dei reflui. “Medio Chiampo” è una delle società che se ne occupano per questo – a fronte di un bacino d’utenza di 11mila persone – ha un impianto di depurazione equivalente a una città di mezzo milione di abitanti. «Il nostro è un ruolo importante in particolare per le concerie più piccole che non possono permettersi enormi investimenti – spiega il direttore generale Luigi Culpo -. “Medio Chiampo” negli ultimi tre anni ha investito 7 milioni per migliorare gli impianti e da febbraio del 2017 non si è mai superato il limite di alcun parametro. Ora in 5 anni investiremo altri 22 milioni in buona parte proprio per implementare migliorie nella depurazione dei reflui conciari».
IL RUOLO FONDAMENTALE DELLA CHIMICA. Imprescindibile, a monte, è però il dialogo tra industrie della concia e della chimica. Gsc Group – prodotti chimici innovativi per la concia – è tra i fondatori di Unpac, associazione con 40 produttori chimici per conceria dei distretti di Arzignano, S.Croce sull’Arno e Solofra (Av) per risolvere insieme i problemi di natura chimica nei vari distretti. «Una commissione tecnica con i migliori chimici delle aziende aderenti – spiega Claudio Bortolati di Gsc – redige pubblicazioni ad hoc ma soprattutto si propone di incidere come interlocutore ai tavoli dove si discutono le normative per l’industria conciaria. Non è stato facile raggruppare imprese concorrenti, ma siamo consapevoli che unire le forze è fondamentale». Chimica e ricerca sono complementari anche nella valorizzazione dei prodotti di scarto. Ne è un esempio l’industria per concimi Ilsa. Grazie al progetto Life Biopol, co-finanziato dall’Ue e parte del programma Life, partendo da biomasse vegetali e animali ha contribuito alla formulazione di biopolimeri eco-compatibili per la concia delle pelli già sperimentati con successo al posto dei prodotti di origine petrolchimica. Con il progetto Rpe-Rise Phosphorus Efficency ha invece valorizzato i cascami delle pelli facendone la base di prodotti che, con integratori, diventano fertilizzanti con fosforo altamente assimilabile dalle piante contenendo così pericolose dispersioni nell’ambiente.
La visita a Cartigliano
Il vicentino è leader anche nei macchinari di lavorazione. Officine di Cartigliano ne è un esempio: è la tappa di un itinerario di oggi. Negli ultimi 13 anni (dati Unic) le imprese della concia han visto crescere del 105% i costi dovuti alle normative ambientali o a più elevati standard chiesti dalla clientela. Dal 2003 il consumo d’acqua nella concia è calato del 18,4% e quello di energia del 28,1%; rifiuti -13,5% e -10% di prodotti chimici per metro quadro di pelle lavorata. «A fronte – sottolinea Giacomo Zorzi di Unic – di un fatturato rimasto stabile a 5,2 miliardi per effetto di un riposizionamento su lavorazioni a maggior valore aggiunto con volumi più contenuti».