L’economista: «Finanza green? Oggi ha più anima della politica»

Corriere Buone Notizie / di Dario Di Vico

Suor Alessandra Smerilli è docente di Economia politica alla Facoltà Auxilium di Roma ed è stata nominata nel 2019 consigliere di Stato della Città del Vaticano. È tra le personalità che hanno partecipato alla stesura e al lancio del Manifesto di Assisi e sarà una degli speaker della Green Week. A lei abbiamo chiesto di raccontarci gli obiettivi del Manifesto e di darci un giudizio sulle novità che si vanno registrando in materia di sostenibilità.

«Il Manifesto di Assisi – spiega – ospita molti contenuti innovativi e rappresenta uno sforzo significativo di sintesi perché si è riusciti a coinvolgere attorno alle stesse proposte molte persone e associazioni di differente orientamento politico e culturale. I valori di un’economia sana, il rispetto della Terra, la necessità di una finanza al servizio dell’umanità sono alcuni di questi capisaldi e meritano sicuramente di essere discussi e valorizzati». Ma se dovesse sintetizzare gli obiettivi con una frase… «Potrei dire che in tanti hanno sentito lo stesso bisogno di ridare un’anima all’economia». Che sviluppi avrà il Manifesto? «Penso che vivrà attraverso le azioni delle persone e delle associazioni che lo hanno sottoscritto.

Ci saranno poi eventi nei quali sarà possibile esplicitare i contenuti e farli vivere nel confronto. La Green Week di Trento è uno di questi e il meeting L’Economia di Francesco, che si terrà a fine marzo sempre ad Assisi, un altro ancora. Nel corso di questi appuntamenti faremo un primo bilancio e se avremo suscitato sufficiente entusiasmo si arriverà a chiedere alle aziende di assumere impegni vincolanti». Nelle scorse settimane, sorprendendo l’opinione pubblica e gli addetti ai lavori, il presidente del fondo americano Blackrock, Larry Fink, ha detto che sanzionerà le aziende partecipate che non si saranno date obiettivi credibili di sostenibilità. Che ne pensa? «Lo considero un segnale molto importante, al di là di chi lo abbia lanciato e per quali motivi lo abbia fatto. È un messaggio forte nei confronti delle aziende perché orientino le loro scelte in direzione del green deal.

Se si è arrivati al livello di Fink è stato anche per la semina operata dal lavoro pionieristico di piccole gestioni del risparmio, che in questi anni hanno contribuito ad affermare l’idea di una finanza amica. Il successo di queste piccole iniziative ha permesso che anche i grandi si convincessero. Non dimentico poi che la sortita del numero uno di Blackrock viene dopo un altro segnale rivolto nella stessa direzione e maturato quest’estate con il pronunciamento dei 200 Ceo della Business Roundtable. Che oltre a chiedere rispetto per la persona e per il lavoro hanno anche sostenuto i temi dell’ambiente». Ammetterà che Fink è quantomeno un alleato inatteso… « Certo. Ma i nostri migliori alleati sono i giovani.

Secondo i risultati di un’indagine demoscopica l’80 per cento dei diciottenni chiede l’adozione di politiche di sostenibilità. La percentuale cala guardando altre fasce di età e tra gli anziani scende sotto il 50 per cento. Ma se le aziende vogliono parlare ai giovani e quindi ai consumatori di domani devono fare i conti con il loro orientamento. Volendo sintetizzare si può dire che siamo di fronte a una fase di grandi novità a tutti i livelli? «Per essere sinceri vedo novità nell’opinione pubblica e nel mondo delle aziende e molto meno nella politica. Le imprese sono state più attente e veloci nel reagire mentre la politica non è ancora all’altezza del futuro che ci aspetta». Come spiega questa differenza tra aziende e politica? «Siccome le prime guardano ai consumatori di oggi e a quelli di domani non possono permettersi di aspettare e rinviare le loro scelte, la politica invece resta miope e presentista. Non guarda ai voti di domani». L’ultima rilevazione dell’Istat sul Pil del quarto trimestre ‘19 ha dato -0,3 per cento, nel 2020 si annuncia una crescita di qualche decimale e non più. Come se ne esce? «Non credo che ci siano due fasi diverse, il rilancio della crescita e la cura dell’ambiente. Fanno parte della stessa ricetta. Investire sul green deal può aumentare le chance del mondo della produzione. Economia e ambiente devono far parte della stessa combinazione e avere come risultato più Pil. Ma torno alla politica: deve farsi carico dei costi della transizione energetica a costo di qualche sacrificio».

Però da Bruxelles arrivano propositi nuovi. La commissione presieduta da Ursula van der Leyen ha dato segnali di forte discontinuità. «È vero, sembra siano previste azioni che in qualche modo sono in linea con l’enciclica Laudato si’. Vedremo in concreto ma la discontinuità sembra esserci. E confido anche che la Bce possa spendere maggiore attenzione ai temi del rapporto tra politica monetaria e sostenibilità». Quando parla di «piccolo sacrificio» ha in mente tasse verdi, magari di scopo? «Penso che in primo luogo si debba creare la consapevolezza necessaria perché la popolazione collabori con gli obiettivi dell’ambientalismo. Prima viene l’educazione e poi eventualmente si può pensare a una tassazione di scopo».

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