All’ interno di un’azienda, grande o piccola che sia, curare il benessere del contesto produttivo, da solo, non basta. E le imprese italiane, ormai, hanno cominciato a comprenderlo. Fuga dei cervelli e calo demografico pongono a imprese e territori il problema di come diventare attrattivi, soprattutto di giovani e di talenti. Un problema che non riescono a risolvere ormai più in solitudine, al punto che, in diverse realtà, hanno cominciato a nascere esperienze associative tese a sviluppare forme di «welfare di comunità».
Il confronto di ieri pomeriggio che ha visto protagonisti Corrado Beldì, presidente Laterlite e consigliere Parma io ci sto!, Valentina Bianchini, vice presidente Gruppo #WeCare Mirandola e Franco Duc, responsabile Business Unit Sostenibilità Crédit Agricole Italia. Ed è stato proprio l’esponente di Parma Io Ci Sto! a fornire la ricetta di un per-corso sviluppatosi nella città ormai da anni. «Stiamo lavorando su diversi progetti – ha raccontato Beldì – e in particolare ora puntiamo a costruire una fondazione pubblico-privata sulla cultura». A raccontare l’esperienza di We Care, associazione di imprese di Mirandola, è stata Valentina Bianchini. «Per noi lo sport è terreno privilegiato, perché coinvolge tanti giovani e questo ci permette di puntare a progetti comunitari anche sul terreno della formazione».
Si è parlato poi di cosa significa “welfare di territorio” e di come questo concetto possa favorire la comunità e di conseguenza il tessuto aziendale. A Testimoniare l’esperienza parigina e al tempo stesso internazionale è intervenuto Franco Duc, Responsabile Business Unit Sostenibilità di Crédit Agricole Italia, storica realtà del territorio: «L’Unione Europea ha conferito al sistema finanziario il compito di accompagnare questo momento di transizione e farsi veicolo per accelerare i nuovi modelli di business. Agevolare il cambiamento, per Crédit Agricole significa unire in una visione organica il business e la sostenibilità con l’inclusione e la coesione sociale».
di Giulia Capuozzo